Articoli di Giovanni Papini

1902


La Teoria psicologica della previsione
Pubblicato in: Archivio per l'Antropologia e l'Etnologia,anno XXXII, Vol.XXXII, fasc. 2, pp. 351-376
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Data: gennaio - aprile 1902


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«Pout-être jugera-t-on qu'il est utile au voyageur
do chercher où il va quand il marche. Il a ainsi
una conception plus nette de la réalitéprésente,
des difficultés qui l'attendent, et des moyens de
les résoudre.»
CHARLES RICHET.


Se per scienza noi non intendiamo soltanto un complesso di conoscenze intorno a una classe ben determinata di oggetti, ma anche un ordine di leggi, generali e particolari, che ci diano la sintesi del dinamismo delle cose, dobbiamo confessare che la psicologia non è ancora del tutto una scienza. L'accusa non è mia, ma del Wundt, cioè di colui che tanta parte della sua multiforme attività spese per elevare la psicologia dalle generalità frettolose e dalle descrizioncelle letterarie alla dignità di scienza d'osservazione e d'esperimento. La psicologia, dice il Wundt, oltre alle classificazioni che non spiegano nulla, bisogna che trovi delle vere leggi, costituenti dei principi semplici di spiegazione. E lo stesso ripeteva più volte, nei suoi scritti di psicologia, l'amico mio, Ettore Regàlia, che, oltre al dire, cercò anche di fare.
   Veramente i tentativi di leggi non mancano e il Villa, nel suo enorme volume sulla Psicologia contemporanea (1), ha potuto consacrare un lungo capitolo alle leggi della psicologia, che sono, secondo lui, l'associazione, la legge di relazione, la legge di Weber, le leggi del Wundt (delle risultanti psichiche, della eterogeneità dei fini, dell'evoluzione per contrasti), ecc. (2).


 
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   Ma, come il Villa stesso riconosceva, si tratta forse più di decorsi dei fatti psichici che di vere e proprie leggi. Ma in fondo cosa sono le leggi se non decorsi costanti dei fatti sintetizzati in una breve formula? E lo scopo appunto di questo mio breve scritto è quello di stabilire un decorso psichico, che potrebbe essere anche una legge, quello del finalismo preveditivo della organizzazione costruttiva della mente. Si tratterebbe dunque di una legge di psicologia gnoseologica di non piccola importanza e che non è stata, ch'io sappia, accennata da nessun psicologo (3).
   Prima però di enunciare il teorema ch'io intendo dimostrare, occorre che faccia qualche parola di una concezione che non è entrata ancora, nel dominio comune, ma che è necessaria per la comprensione della mia teoria.

I.

   Se noi osserviamo il contenuto della psicologia senza ricorrere alla vecchia divisione di psicologia della conoscenza, del sentimento e della volontà, ci accorgiamo che bisogna fare una grande distinzione, ben più fondamentale sotto il rispetto valutativo, e che ci permetterà di avere realmente una psicologia dell'esperienza. Questa distinzione


 
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è quella tra fatti psichici còlti immediatamente e fatti psichici che noi costruiamo coi precedenti. Darò, per farmi capir meglio, due esempi.
   Tutti conoscono quel fatto, rilevato tra i primi dal Carpenter e che è noto sotto il nome di cerebrazione incosciente. Accade certe volte che noi abbiamo da risolvere un problema, da formulare un'idea, ma per quanti sforzi si facciano non ci si riesce. Dopo dimentichiamo tutto e ci rivolgiamo ad altri oggetti, ad altre cure, e quello che ci tormentava, scompare dal campo della coscienza. Ma ad un tratto, dopo un giorno, dopo una settimana, un mese, senza che ci si pensi, ci appare improvvisamente la soluzione tanto cercata del problema e l'idea vanamente perseguita si mostra limpidamente nella sua espressione definitiva. Chi ha compiuto, in quel tempo d'oblio, questo meraviglioso lavoro? Io non voglio ora entrare nel ginepraio del tormentoso problema dell'incosciente o subcosciente che sia: solo voglio notare questo fatto generale, comune a tutte le teorie fin qui esposte e a tutte le future, che cioè esse cercano, coll'induzione, l'ipotesi, l'analogia, di spiegare, di descrivere il lavorio misterioso del periodo incosciente. Tutti gli psicologi, come fatto d'esperienza, non hanno altro che il momento cosciente iniziale dei tentativi e, dopo un salto, il momento dell'arrivo. Perciò essi devono colmare, costruire in quel vuoto che c'è nella coscienza, e per far ciò si servono necessariamente di fatti coscienti (4).
   Questi fatti non possono essere a priori quelli del periodo incosciente, dunque questo non vien dato dall'esperienza ma viene semplicemente costruito, esso fa parte della psicologia costruttrice e non della psicologia sperimentale. Succede come se dalla cima di una montagna si scorgesse dinanzi a noi un'altra cima, che fosse separata da una valle coperta di nebbia. Che cosa c'è fra mezzo? Noi non lo scorgiamo, ma aiutati da esperienze anteriori, supponiamo sotto il fitto velo di vapori dei campi, degli alberi, delle case o magari una città intera.
   Lo stesso accade per un caso qualsiasi d'associazione. Se io, vedendo un dato individuo, mi ricorderò del luogo dove l'ho veduto per la


 
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prima volta, ho un semplice fatto d'esperienza, una semplice successione, e non posso, sperimentalmente, andar più in là. Se io, come psicologo, dirò che la rappresentazione di quell'uomo ha risvegliato in me, per associazione di contiguità, la rappresentazione di quel luogo, farò della pura psicologia costruttiva, cercando cioè di costruire sui fatti dati dall'esperienza una mia teoria, che mi serva per spiegarli (5).
   Noi abbiamo così due psicologie nettamente separate, cioè una psicologia empirica, sperimentale, che sarà ristretta e puramente descrittiva ma relativamente sicura, e una psicologia costruttiva, esplicativa, che darà delle leggi, ma sarà meno solida e meno sicura dell' altra.
   C'è dunque un'attività psichica costruttiva, la quale dà origine a una parte, e spesso la più ampia, della psicologia stessa. Ora, com'è evidente, non si può dare una legge interna e generale dei fatti di coscienza: essi si presentano a noi come qualcosa d'imposto, come aventi un sostrato in un certo senso inconoscibile, e di cui è radicalmente impossibile ricercare l'antecedente reale, costante e immediato, ciò che costituisce la legge. Noi possiamo stabilire delle leggi soltanto quando si tratti di reazioni posteriori ai fatti immediati, e questo facciamo, studiando certe forme del sentimento e della volontà, oppure il lavorio costruttivo della psiche, e allora abbiamo delle leggi di psicologia gnoseologica.
   La probabilità di queste leggi è assai grande, perchè trattandosi di processi intellettuali in cui grande è la parte della coscienza, si possono osservare e seguire con sufficiente facilità, in modo che abbiamo il contrasto curioso dell'attività costruttrice, che cade nel dominio della psicologia empirica.
   Lo scopo di questa mia ricerca sarebbe appunto quello di trovare la legge più generale della psicologia gnoseologica, che si confonde quasi, come vedremo, colla psicologia della costruzione.
   Il teorema sarebbe questo: I fatti rappresentativi si organizzano in modo da darci la preconoscenza dei fatti posteriori, o, più brevemente, la previsione è il fine ultimo della costruzione psichica.
   Per riconoscere dunque se questo teorema è dimostrabile, ci occorre risalire fino alle prime forme dell'attività psichica gnoseologica, senza preoccuparci però se essa sia l'opera riflessa di un soggetto cosciente,


 
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o se piuttosto non si tratti di una disposizione interiore e naturale degli stessi fatti psichici senza l'intervento di un soggetto ordinatore.
   Il primo fatto fondamentale che noi riscontriamo, è quello della distinzione o, come la chiama il Bain, discriminazione, perchè infatti senza un pluralismo o, per lo meno, un dualismo dei fatti psichici, la coscienza non sarebbe concepibile. Noi conosciamo in quanto contrapponiamo.
   Una conseguenza immediata della distinzione è la comparazione, colla quale noi rileviamo soprattutto i caratteri differenziali delle rappresentazioni, mentre l'analogia ci serve a riconoscere i contatti e le somiglianze. Il prodotto naturale di questa forma d'attività è la classificazione, il cui stadio più primitivo è rappresentato nel linguaggio dai sostantivi, e colla quale si formano i gruppi secondo le, differenze interseriali e le analogie interindividuali. Ma la classificazione esige, sempre o quasi sempre, un altro lavorio psichico, quello di semplificazione e di riduzione. Se la psiche accettasse integralmente tutte le rappresentazioni come le riceve, una disposizione ordinativa sarebbe pressoché impossibile, tanta è la multiforme varietà dei fenomeni. Bisogna che la psiche attenui o dimentichi certi lati e ingrandisca certi aspetti, che trascuri alcuni caratteri e ne faccia invece spiccare certi altri.
   Però questo processo di riduzione e di deformazione è in parte compensato da un altro, cioè quello dell'integrazione, che consiste nel completare col ricordo e coll'analogia certe rappresentazioni fuggevoli o iniziali, permettendo così di riporle nelle categorie assegnate negli schemi della mente alle loro simili, il che costituisce in gran parte un processo embrionale di costruzione.
   Questo duplice lavorio serve però a preparare quella ch'è una delle funzioni più meravigliose della psiche, cioè la ideazione, la elaborazione delle idee generali.
   L'ideazione ha un triplice sostegno e un triplice strumento: l'astrazione che serve a isolare e semplificare i gruppi; la generalizzazione che ha una funzione estensiva per mezzo dell'analogia; e l'associazione o coesione psichica, che serve a riavvicinare le rappresentazioni o le idee, permettendo di cogliere rapporti lontani e di allargare le generalizzazioni parziali.
   Ma ogni idea generale è essenzialmente una ricerca di spiegazione e la spiegazione è uno dei fini più visibili della conoscenza. Ma che significa spiegare? Rimettere due o più fatti nella catena della causalità universale, in modo che si vegga quali ne sono i costanti antecedenti.


 
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   Ma se gli antecedenti devono essere immediati, bisogna proseguire molto in là l'analisi, in modo che alla catena non manchi il più piccolo anello, onde non ci siano intervalli d'ignoto.
   Ma non sempre la collana fenomenica è intera, e allora entra in giuoco un'altra forma di attività costruttiva, che non è stata ancora bene avvertita, cioè quella di completazione, forma più complessa dell'integrazione e che consiste nel proiettare nel passato, per colmare un vuoto, dei fatti psichici presenti. Così, quando la catena è completa, o almeno a noi sembra tale, possiamo avere la legge, la quale, secondo la più chiara delle innumerevoli definizioni che ne sono state date, non è che la constatazione di un rapporto costante tra più fatti consecutivi.(6).
   Qui parrebbe che noi fossimo arrivati al limite estremo dell'organizzazione costruttiva, ma resta invece un altro fatto, ch'è la resultante ultima di tutto il lavorio da me accennato: la previsione.
   Questa, nella sua forma più strettamente scientifica, è la deduzione sicura di fatti che avverranno, dalla sistemazione dei fatti passati. Essa non è dunque possibile che quando esistono dei rapporti immediati ben certi, che noi possiamo proiettare, per analogia, nel futuro. In altro parole, essa non può venire che dopo la legge, cioè è il fatto ultimo da noi conosciuto del lavorio gnoseologico della psiche.
   Se noi escludiamo dalla nostra ricerca qualsiasi preconcetto teleologico, tuttavia non possiamo disconoscere una forma storica e immanente di finalità nel seno dei fatti. Ci sono dei processi aventi per termine ultimo un dato resultato, il quale può esser detto, senza annettervi nessun significato di piano prestabilito, il fine, lo scopo di quel processo. Così, considerando i processi della digestione, osservo che il fatto ultimo a cui essi servono, è la nutrizione dell'organismo, e posso dire, con una delle tante necessarie trasposizioni psicocentriche, che la nutrizione è lo scopo, il fine di quei processi, senza pensare perciò a nessun Demiurgo, sapiente costruttore della macchina animale.
   Ora, per riconoscere qual'è il fine ultimo di una serie di processi, due sono i metodi: quello di riducibilità e quello di successione.


 
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   Se tutti i fatti di una serie si posson ridurre a processi preparatori di uno di essi, e questo non si può ridurre in nessun modo a processo preparatorio degli altri, questo si può chiamare il fine della serie. Quando uno dei fatti succede agli altri e vi succede necessariamente, non potendo concepirsi senza che essi sian già avvenuti, allora questo fatto si dirà pure fine degli altri.
   Ora noi abbiamo visto che il fatto della previsione, scaturendo dalla legge, ch'è l'ultimo limite conosciuto dall'ideazione scientifica, presuppone necessariamente tutti gli altri processi gnoseologici e perciò si può considerare risolutamente come il fine, a cui tutti questi tendono. Ciò viene anche più chiaro, rifacendo il cammino inverso e partendo, invece che dai più semplici, dai fatti più complessi.
   Infatti, come abbiamo già detto, per prevedere bisogna aver colto un rapporto costante tra due o più fatti, in modo che noi siamo pressochè sicuri che questo rapporto si riprodurrà identicamente e indefinitamente nel futuro.
   Bisogna dunque aver trovate delle leggi, e per ottener queste bisogna necessariamente aver formato la grande serie della successione delle cose, che è irraggiungibile senza il completamento e senza l'ideazione generalizzatrice. Ma l'ideazione non può avvenire se non operando su termini generali, e per aver questi è necessaria l'opera di classificazione, la quale, come abbiamo già accennato, esige il lavorio di astrazione, di riduzione e finalmente della comparazione differenziativa e analogica, che succede alla discriminazione primitiva.
   Dunque i vari fatti della costruzione possono tutti considerarsi come preparazioni indispensabili alla previsione, mentre questa, a sua volta, non può affatto considerarsi come processo preparatorio degli altri, perchè non abbiamo bisogno della previsione nè per distinguere né per classificare, nè per astrarre, e non si può neppur dire che la previsione serva per la legge, perchè, com'è chiaro, la previsione di cui parlo, non può scaturire che da una legge, e in caso diverso si avrebbe il curioso bisticcio di una figlia madre della propria madre. Si dirà che non tutti i processi che abbiamo indicati, precedono sempre realmente la previsione e che questa non sempre si verifica, come dovrebbe avvenire se fosse basata su di una legge. Ma bisogna avvertire che se i processi preparatori non vengono realmente compiuti da colui che fa la previsione, è perchè egli si giova dei resultati di questi processi accumulati nei prodotti intellettuali che gli sono stati trasmessi (classificazioni, idee generali, leggi, ecc.), e senza i quali non potrebbe


 
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prevedere, in modo che, visibili o invisibili, prossimi o remoti, essi sono sempre i costanti e indispensabili precedenti.
   Quanto al secondo caso, esso avviene o perchè nella fretta o nella necessità di prevedere ci si vale di una legge provvisoria, non ancora ben sicura e provata, oppure perchè possono avvenire delle interferenze di leggi (legge di gravità e legge di Archimede negli aerostati) che danno una smentita apparente alle nostre deduzioni.
   Nel campo puramente psicologico mi pare dunque che il teorema sia abbastanza dimostrato e che noi possiamo convertirlo in una legge di tendenza.
   Vediamo ora quali sono i correlativi biologici e storici di questo importante decorso psichico e quali prove possono fornire alla sua determinazione definitiva ed alla sua valutazione.

II.

   Uno dei postulati su cui più insiste la psicologia moderna, è che ad ogni fatto psichico corrisponde un processo fisiologico. Questa corrispondenza è ormai chiara per i fatti più elementari e, per analogia, è stata estesa anche ai fatti più alti e complessi della psiche, come sarebbero appunto i fatti dell'ideazione.
   Senza discutere se questo rapporto psico-fisico sia di successione, di continuità, di causalità, o di concomitanza, noi possiamo accettarlo, in parte come fatto d'esperienza e in parte come nostra costruzione edonistica (tendenza monastica = piacere intellettuale).
   Trasportando dunque il fatto della previsione dalla psicologia propriamente detta, o analitica, a quella che più propriamente deve chiamarsi fisiologia cerebrale, vediamo se si puó comprendere quale sia il sostrato organico di quel fatto, di cui abbiamo tentato di rintracciare le origini interiori.
   Uno dei luoghi comuni dell'istologia e della fisiologia del sistema nervoso è la teoria della plasticità del tessuto nervoso.
   Questa sua proprietà è così nota che non occorre insistervi, e molti psicologi illustri, fra i quali mi basterà citare lo Spencer e il James, se ne son serviti per poggiarvi su delle loro costruzioni psicologiche, specialmente per ciò che riguarda questioni genetiche.(7).
   Su questo stesso fatto sembra a me che si possa arrischiare uno


 
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schema ipotetico del sostrato fisiologico della previsione, lasciando ai cultori speciali della fisiologia nervosa, specialmente quando le loro ricerche saranno più sicure e meno contraddittorie, il giudicarne la possibile probabilità. Come si sa, dunque, ogni impressione o stimolo che agisca sul tessuto nervoso, vi lascia una specie di orma organica, una disposizione a farsi percorrere più agevolmente in quel dato modo. Se uno stesso movimento, o una serie di movimenti, percorre in ordine e maniera pressochè identiche, un certo numero di volte, una stessa regione del tessuto, si produce una specie di solco, di via tracciata più o meno profondamente e che facilita molto i percorsi successivi. Così si spiega la rapidità maggiore colla quale noi facciamo delle operazioni intellettuali che siamo soliti fare (calcoli, forme di argomentazioni, ecc.). Applichiamo ora questa premessa al fatto della previsione.
   Una successione costante di fatti può presentarsi alla nostra mente o sotto forma di rappresentazioni dirette, immediate, o di simboli corrispondenti alle rappresentazioni reali. In tutti e due i casi noi abbiamo una successione costante di fatti psichici (e per conseguenza cerebrali), che saranno più vivaci e coloriti nel primo caso, più netti e semplici nel secondo.
   La ripetizione di questa successione (che, trasformandosi in fatto gnoseologico, corrisponde al termine logico legge) produrrà, come ogni altra serie psichica, una via organica, una specie di rotaia cerebrale, con successive stazioni.
   Quando il fatto A della serie avviene, il movimento si verifica nel primo anello della catena organica tracciata nel tessuto, e giunto lì non s'arresta: data la forza d'inerzia psichica, la facilità maggiore della via che è solito percorrere (cioè l'abitudine), esso tende a continuare ancora e, non potendo farlo come vero fatto rappresentativo, perché i fatti A' A" A"'..... della serie non sono ancora realmente avvenuti, continua come puro fatto mentale, cioè come previsione la cosa riesce più facile ancora ad immaginarsi quando si tratti di simboli, i quali, per loro natura, sono ben più uniti e stretti che non siano le rappresentazioni, in modo che, pensando il primo, o i primi, i susseguenti, per deduzione associativa, che ha la sua base organica nel fatto fisiologico accennato sopra, si impongono alla mente, anche se i processi logici o l'esperienza non son venuti a determinarli o avvalorarli. Una delle forme più embrionali della previsione è forse quella che si può chiamare sensazione d'aspetto. Ad esempio: io sto leggendo e, arrivato ad un certo punto, ho bisogno di mandare più in su il libro o le carte


 
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che mi stanno dinanzi. Io sto per fare il movimento muscolare necessario per compiere questa operazione, e avanti che il libro o il foglio sia realmente mosso veggo già quella confusione di segni e di linee che si ottiene facendo scorrere rapidamente innanzi a noi dello scritto o dello stampato. Per quanto questa sensazione d'aspetto, vada al di là della stessa previsione, perchè ci dà quasi l'anticipazione della sensazione, nonostante può servire a farci scorgere uno spiraglio non bene osservato della nostra attività psichica. Io so avanti, per abitudine di precedenti esperienze, fissate come orme nel tessuto nervoso, che dovrò avere quella data sensazione, e avanti che accada realmente il fatto obiettivo del movimento, io ho quella sensazione, cioè ho un caso di previsione concreta. Nei fatti più elevati e complessi questo non può avvenire, perché non si tratta di fatti propriamente identici e la loro rappresentazione reale, così ampia e varia, sarebbe cosa meravigliosa. Ma essa si trova veramente, per quanto in forma più interiore, nell'immaginazione degli artisti che vedono (vates) il futuro come cosa reale, e sanno evocarlo o raffigurarlo in modo da dare qualche volta il sentimento della presente realtà.
   Ma avanti di essere una forma di visione estetica la previsione è una primitiva necessità vitale. Restando nel campo biologico, noi possiamo trovare una conferma della sua universalità nelle stesse leggi della vita animale.
   Per una legge generalissima, che corrisponde in biologia a quella d'inerzia nella fisica, la vita tende senza riposo ad accrescersi, tanto nello spazio, colla intensificazione (sviluppo), quanto nel tempo (conservazione), tanto negli individui (assimilazione) quanto nella specie (riproduzione).
   Ora vivere significa lottare, reagire, e per reagire bisogna compiere certe determinate azioni sulle cose che ci circondano. Ma per ottenere degli effetti utili bisogna sapere quali azioni saranno adatte a produrre tali effetti, cioè bisogna prevedere le conseguenze di certe azioni e cambiare le azioni in vista di certi effetti che si prevedono.
   In fondo la virtù della prudenza, di cui tanto parlano i moralisti, non è che l'arte della previsione applicata alle relazioni umane.
   Inoltre l'essere vivente deve difendersi dai pericoli, vicini o lontani, che continuamente lo minacciano, e come potrà evitare questi pericoli se non potrà prevedere dove e quando avverranno?
   Quelli in cui la previsione sarà più larga e più sicura, avranno maggiori probabilità di vittoria nella lotta per la vita, e per loro e con loro la previsione acquista una sempre maggiore importanza vitale.


 
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   La previsione ha dunque una funzione protettiva degli organismi e ciò costituisce una prova a posteriori della sua generalità e della sua necessità. Essa è forse, delle forme di attività psichica, la più immediatamente utile e questo spiega come essa sia, secondo che abbiamo mostrato, il fine a cui convergono gli altri processi intellettuali.
   E passando dai viventi ai metodi che ci servono per studiarli, mi sembra che la previsione possa fornirci anche un utile carattere di classificazione. Infatti la sua presenza e il suo minore o maggiore sviluppo è un carattere evolutivo e un carattere sessuale. È un carattere evolutivo in quanto si riscontra solo negli animali superiori, com'è facile comprendere, data la complessità dei processi psichici ch'essa necessita; e negli animali superiori si riscontra, tanto filogeneticamente che ontogeneticamente, negli esseri più progrediti. Uno dei caratteri che più fa risaltare lo Spencer nella sua descrizione della vita psichica dell'uomo primitivo, è la mancanza quasi completa di previdenza, la quale è alla previsione ciò che la pratica è alla teoria. Lo stesso si nota anche nei selvaggi contemporanei, e uno dei caratteri abbastanza comuni dei delinquenti più bassi e volgari è appunto l'assenza di previsione prossima o lontana (8).
   Ed io stesso ho osservato nei ragazzi che, anche psicologicamente, ripetono in gran parte il cammino della specie, che essi non pensano quasi mai al futuro. Essi voglion sapere quel che c'è dietro, dentro una certa cosa, ma non ciò che avverrà dopo un certo fenomeno. La loro grande domanda è il perchè, cioè qualcosa di statico, che si riferisce al passato e al presente a loro manca la nozione o il desiderio del futuro, almeno del futuro lontano.
   E non basta. Come ho detto, la presenza della previsione può essere anche un carattere sessuale. Infatti a me sembra risulti dall'esperienza storica e quotidiana che la previsione è nella donna più rara e meno evoluta che nell'uomo, o per lo meno si riferisca a cose più materiali e meno lontane.
   La madre mostra, è vero, della previdenza per la prole, anche in certe specie animali, ma d'altra parte, riandando lo svolgimento della cultura, ci accorgiamo che nessuna donna ha mai arricchito il pensiero umano di una nuova idea generale, di una intuizione precorritrice.
   Ed anche questa sua sterilità d'ideazione costituisce uno dei suoi


 
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caratteri d'inferiorità, da riconnettersi a quei molteplici segni somatici che la pongono, gerarchicamente, al disotto dell'uomo (9); sterilità, del resto, facile a spiegarsi quando si ricordi che in lei molto maggiore è, in generale, lo sviluppo e l'intensità degli stati affettivi, e il capitale della sua energia psichica, concentrato in una manifestazione, non può esser consacrato ai processi più complessi dell' ideazione.
   Da quanto son venuto dicendo si spiega perchè alcuni abbian fatto della previdenza uno dei caratteri distintivi degli animali superiori e, nell'uomo, delle razze più evolute e degli individui più progrediti. E si può anche ricordare che il James (10) pone come uno dei più sicuri indizi della presenza della psiche il perseguire fini lontani, il che implica, evidentemente, una certa forma di previdenza.
   Il Wells arriva a fare della previsione un criterio per la classificazione dei caratteri e divide gli uomini in due categorie: quelli che vivono soltanto per il passato e considerano il futuro come inaccessibile, e quelli invece che vivono quasi unicamente pensando e preparando il futuro: i tipi retrospettivi o i tipi costruttivi o anticipatori. Ma non mancano neppure, anzi sovrabbondano, prove storiche del bisogno di previsione. Tanto era forte il desiderio e impellente la necessità di antivedere il futuro che ha perfino assunto forme patologiche che hanno resi possibili degli sfruttamenti più o meno lucrosi. Basta una corsa rapida attraverso la storia delle religioni e dell'occultismo (che in non poche parti si confondono) per vedere l'importanza grande che ha in esse, come causa e contenuto, il bisogno di prevedere. Le religioni coi loro profeti e i loro oracoli, l'occultismo coi suoi maghi e i suoi rivelatori hanno derivato a loro vantaggio, e forse talvolta senza piena coscienza, questa vitale necessità dell'uomo, che può avere, come tutte le soddisfazioni di bisogno, forme anormali e morbose.


 
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   Cos'erano l'astrologia, la chiromanzia, la geomanzia, la necromanzia, l'idromanzia, ecc. se non forme inferiori, tentativi illusori o ingannatori di previsioni? E la volgare sonnambula, che oggi sulle piazze dice la buona ventura alle credule donnicciuole, che è se non una sopravvivenza più visibile di quell'espressione inferiore e atavica della previsione che è la divinazione? Anche l'evoluzione psichica umana, come la geologica, avviene a strati, e il sovrapporsi di uno strato nuovo non distrugge i precedenti così oggi, accanto agli astronomi, che dagli osservatori prevedono gli eclissi e i passaggi dei pianeti e delle comete, vivono, almeno a Parigi, dei veri e propri astrologi, che hanno una fede irremovibile nella vecchia scienza di Guido Bonatti e di Nostradamus, e presso ai laboratori dei fisici e dei chimici che possono prevedere, in base a teorie scientifiche e ad esperienze già verificate, il giorno in cui non si potrà più parlare che di un sol corpo semplice, i membri della «Société alchimique de France» sudano attorno al classico Athanor in attesa della pietra filosofale.
   Ma come dall'alchimia medievale di Raimondo Lullo e di Paracelso è uscita la trionfante chimica di Lavoisier e di Berthelot, che oggi porge a noi insperati soccorsi e rivela inaspettate verità, così dalla divinazione magica o religiosa, frutto o di stati anormali o di processi primitivi e imperfetti o magari di frode premeditata, s'è andata svolgendo lentamente la previsione scientifica, che sarà uno degli strumenti più saldi perchè l'uomo acquisti, com'è suo destino e necessità, la piena signoria delle forze del mondo.
   Le scienze, quali oggi ci son giunte, ci danno la misura e l'estensione di questa tendenza della vita e del pensiero umano. Come già vedemmo, ogni processo mentale conoscitivo tende alla previsione; così ogni scienza, che non è se non la notazione abbreviata e didattica di un lavorio psichico, vi tende pure come a suo naturale fine (11).
   E noi vediamo che le scienze più certe e sicure, come l'astronomia e la fisica, son quelle in cui le previsioni son più certe e copiose onde si potrebbe dire che una scienza è tanto più progredita quanto più numerose e sicure sono le previsioni che contiene o rende possibili (12).


 
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   E, com'è chiaro, le applicazioni pratiche dei principi scientifici esigono sempre una certa parte di previsione, ed oggi che è entrato sella circolazione delle idee l'antico pensiero di Francis Bacon che la scienza deve servire alla vita e non la vita deve esser sacrificata alla scienza, la funzione vitale della previsione ha, pur nelle scienze, largo modo di esplicarsi: «Ogni concezione dell'avvenire, scriveva Hobbes, è la concezione di un potere capace di produrre qualche cosa» (13). Se il piacere è, come alcuni vogliono, aumento di vita, non si negherà che anche da questo lato la previsione risponde al suo ufficio vitale, perchè una delle più grandi gioie dello scienziato veramente grande è quello di giungere a vedere ciò che il comune degli uomini non sospetta o non cura.
   E pur elevandoci ad interessi superiori e a più ideali utilità, se la scienza tende, com'è suo scopo ed ufficio, a farci sapere ciò che a tutti è ignoto, qual, più bel trionfo sullo sconosciuto che darci la conoscenza del futuro! Anche la scienza, come la vita e ogni cosa viva, è essenzialmente espansiva, e noi vediamo che si cerca di conoscere più fatti che si può, e il passato oltre che il presente. Se l'espansione nello spazio non conosce confini, perchè mettere un limite all'espansione nel tempo e non tendere, oltre che alla conoscenza del passato, anche a quella che scientificamente si può aver del futuro, cioè alla previsione? (14). E infatti tutte le scienze, anche quelle che ancora non sono uscite dallo stadio descrittivo, mirano a fornire previsioni, a entrare cioè nella vita, uscendo dalla pura e passiva osservazione di ciò che è e di ciò ch'è stato.
   Basti citare fra le scienze fisiche la meteorologia, che, uscendo dalle innocue generalità degli almanacchi, si va costituendo come scienza


 
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vicina alla sicurezza (15); la sociologia, in cui tutte le costruzioni, tanto le psicologiche che le biologiche o l'economiche, tendono a prevedere e stabilire quale sarà il futuro stato sociale. Il Mill, che non era certo un visionario, affermava che, «quando lo studio dei caratteri umani sarà più progredito, riuscirà anche possibile predire con sicurezza gli avvenimenti storici e sociali, almeno.... nelle loro linee generali.» (16)).
   E il problema fondamentale della pedagogia scientifica è ín fondo questo: dato il fanciullo colla sua conformazione somatica, fisiologica e psichica che noi conosciamo o dobbiamo conoscere, i mezzi di cui disponiamo e il clima storico e sociale in cui vive o dovrà vivere, quale sarà l'uomo che uscirà da lui e quali mezzi dovremo scegliere per renderlo più adattabile all'ambiente in cui dovrà muoversi ed agire? La statistica, quando si disponga di molti e sicuri documenti, interpretati da intelligenze acute ed ampie, può fornirci fin d'ora previsioni, specialmente per quel che riguarda i mutamenti economici e demografici. E nella stessa antropologia, per quanto essa sia, ancora una scienza eminentemente descrittiva, cominciano a sorgere nuove tendenze verso questo universale orientamento del sapere umano.
   Così spesseggiano le previsioni, basate soprattutto sulla teoria darwiniana, di ciò che l'uomo sarà, come animale e come essere pensante, in un futuro più o meno lontano, e una delle ultime che io conosca è quella del prof. Bruner, direttore dell'Istituto Biologico dell'Università di Butler, che fra l'altre cose prevede, e con molta giustezza, che la memoria umana sarà più poderosa per i concetti generali e perderà della sua plasticità per i particolari inutili, in cui si fa oggi consistere gran parte della scienza.
   E anche la nuova antroposociologia, rappresentata da uomini come Novicow, Otto Ammon, Muffang, Vacher de Lapouge, Topinard, Gumplowicz e Le Bon, affermando la superiorità, qualitativa o quantitativa, di certe razze su certe altre e prevedendo in base a ciò la decadenza


 
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o la fine di certe razze o di certi popoli, e indicando i pericoli da evitare e i mezzi da impiegare, rientra pienamente nel campo della previsione scientifica, ch'è il più ,fecondo e il più immediatamente utile, pur essendo, in certi casi, il più pericoloso (17).
   Forse non tutte le scienze giungeranno a ottenere delle previsioni sicure, e il vasto sogno di Laplace resterà un'aspirazione nè raggiunta nè raggiungibile, ma non bisogna dimenticare che quella ch'io cerco di delineare, è una leggo di tendenza, come altre ce ne sono in natura, cioè una logge, la quale indica piuttosto una direzione che un compimento determinato.
   Ad esempio, il Wundt, il Simmel (18) e, dietro loro, il nostro Villa, negano assolutamente che si possa mai giungere alla previsione nella psicologia.
   La psicologia e le scienze morali, dice quest'ultimo, «non potranno mai giungere a una previsione esatta degli effetti futuri di un fatto psichico, perchè i fatti che essa studia non si riducono a leggi quantitative, ma sono puri processi qualitativi. Nella causalità fisica abbiamo l'equivalenza dei fenomeni, i quali, per quante forme diverse possano assumere, rimangono pur sempre identici nella quantità; ed è per questa ragione che essi non possono spiegarsi se non mediante il concetto della «materia», cioè di un substrato fisso, permanente, che non ha alcuna determinazione formale; concetto tuttavia puramente ipotetico, e reso necessario solo dal carattere particolare dei fenomeni fisici.
   Nella causalità psichica, invece, non abbiamo bisogno di questo concetto ipotetico, perchè il fatto della coscienza vale solo per sè stesso,


 
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in quanto cioè ha un valore attuale, non riferentesi ad alcuna sostanza psichica, che esista sotto il fenomeno. Esso, per di più, è un fatto di «qualità», e non può quindi confrontarsi se non con fatti della sua specie, e tanto meno sottoporsi a una misura, che in qualche modo assomigli a quelle che valgono pel mondo fisico (19)». Perciò vana sarebbe la speranza di Mill e di Ribot, che attendono un Galileo e un Keplero della psicologia.
   Ma pur ammettendo questa limitazione, la quale forse non è così definitiva come il Villa crede, bisogna riconoscere che, anche solo nelle scienze così dette del mondo obiettivo, un campo immenso resta a quella previsione scientifica, della quale noi siamo andati tracciando fin qui il meccanismo e ricercando i prodotti e i documenti.
   Non sarà male, prima di finire, vedere quale sia il suo preciso significato, ricercando i suoi caratteri differenziali dalle forme inferiori ed affini, e il suo valore definitivo.

III.

   Succede dei fatti psichici come delle forme animali non si arriva subito alla forma perfetta, al tipo superiore che rappresenta la specie in ciò che ha di caratteristico e di migliore. C'è avanti un periodo di tentativi, di saggi, dí abbozzi, che dànno origine a rappresentanti embrionali o incompleti della classe. E questi prodotti molte volte restano e vivono ancora dopo l'apparizione dell'individuo più evoluto, ed abbiamo così delle stratificazioni più complesse perchè viventi e contemporanee.
   Così si formano le specie e le sottospecie e così si formano quelle


 
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ch'io chiamerei famiglie psichiche. Lo stesso è accaduto per la previsione, che ha intorno a sè altri prodotti similari abbastanza diversi specialmente per i loro prodotti esteriori, ma che hanno pur sempre con essa un legame comune di origine.
   Sono questi il presentimento, l'ipotesi, la probabilità, la divinazione, la profezia e l'utopia. Io non starò qui a discutere il presentimento e ad esaminarne il valore. È certo ch'esso esiste, specie in certe psichi anormali, e che sembra sorgere, come un monito inesplicabile, dalle profondità del subcosciente o dell'incosciente. Esso differisce dunque, e non di poco, dalla previsione, perchè ci sfugge necessariamente il suo processo genetico, e in conseguenza non vale per lui quello che ho detto finora, per quanto, data l'ipotesi, che ci viene quasi imposta dai fatti, della molteplicità dei me, nulla vieti di credere che quel processo avvenga, con caratteri analoghi, in una parte di noi, che sfugge al nostro io cosciente centrale (20).
   E dalla previsione si distacca anche l'ipotesi, la quale si riferisce spesso a cose o fatti passati e tende piuttosto a interpretare, a spiegare, a completare che a prevedere. Ma certe volte essa si rivolge a cose future ed allora essa rientra completamente nella previsione, per quanto il fine esplicativo resti sempre il suo carattere dominante. Lo stesso si può dire della probabilità, la quale più spesso ancora si riferisce al futuro, ma, come lo dice il suo semplice significato etimologico, senza la pretesa di una previsione completa. Essa è una di quelle forme di previsione, che chiamerei «di contorno», e l'ausilio delle cifre le fornisce un procedimento, che compensa la sua relativa ristrettezza colla maggiore rigorosità (21).
   Colla divinazione noi costeggiamo il tempio jeratico e allucinante dell'occultismo e ci troviamo a contatto con tutti quei sacerdoti del mistero e della veggenza che Jules Bois ha chiamati argutamente «marchands d'espoir» (22). Le biblioteche occultiste son piene di opere su quelle che chiamano arti divinatorie, come sarebbero l'astrologia, la chiromanzia, la cartomanzia, la idromanzia, ecc., ed è un peccato


 
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che gli scienziati non si occupino, più di quel che non facciano, di queste forme primitive ed ancora vivaci della previsione (23).
   Qual'è il valore della divinazione? Anzitutto bisogna togliere quell'enorme numero di divinazioni che non si sono mai avverate. Di quelle che restano (e credo che vagliando bene, il numero non sarebbe grande), bisogna far la parte della coincidenza fortuita, poi quella del presentimento, di cui già abbiamo parlato, e il resto si può attribuire all'osservazione induttiva, all'astuzia e, solo in certi casi, a qualcosa che rassomiglia alla previsione scientifica, per quanto non condotta con metodo strettamente scientifico. Ma come gli occultisti la praticano, o è un giuoco mistico erudito, in cui ha gran parte la suggestione, o è una professione come un'altra, anzi spesso più lucrosa di certe altre (24).
   Molto affine alla divinazione è la profezia, per quanto questa non sempre si drappeggi nel comodo manto del mistero. Ma qui siamo dinnanzi più che altro ad una confusione di parole. O la profezia si pretende ispirata da qualche cosa di sovrannaturale o divino, e ottenuta per mezzo di procedimenti occulti, o allora è divinazione, o essa si proclama ispirata dai fatti, e allora è una forma più o meno grossolana o più o meno impressionista della previsione (25).
   E in questa rapida enumerazione dei prodotti affini alla previsione non è da dimenticarsi l'utopia, pianta abbastanza fiorente dai Greci fino a noi, e che ci fornisce dei piacevoli eccitanti per le ore di sogno.
   L'utopia è spesso la profezia rappresentata come realtà, proiettata nel futuro con le forme e le apparenze del presente, ed ha, com'è naturale, un contenuto specialmente sociale. Essa è dunque una figurazione artistica, almeno nelle aspirazioni, della profezia e, come questa, può contenere dei resultati di previsioni più o meno precise. Ma se il suo valore sentimentale, e, qualche volta, anche artistico, è abbastanza


 
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grande, il suo valore scientifico è ben piccolo ed io ne parlo qui solo per amore e scrupolo di completezza (26).
   Scarsi son dunque i contributi che queste forme di previsione dànno alla scienza, e analizzandole nei loro componenti senza fermarsi alle imprecise classificazioni imposte dalle parole, noi otteniamo:
   a) un sostrato sentimentale, spesso incosciente, di valore scientifico dubbio, per quanto dia talvolta resultati non comuni;
   b) un apparato esteriore collo scopo, volontario o no, dì suggestionare le folle e creare un clima mistico favorevole (specie nelle divinazioni e profezie), frutto o d'illusione sincera o di frode premeditata;
   c) finalmente un residuo di esame razionale più o meno accurato, più o meno cosciente e rigoroso, ma che si può dire l'embrione, da cui si è sviluppata o si può sviluppare la previsione, scientifica propriamente detta.
   Da questo esame comparativo che rapidamente siamo venuti facendo, credo che risulti abbastanza chiaro che cosa intendo per previsione, e mi pare che se ne possa dare questa definizione, forse più esatta di quelle date fin qui: La previsione è una forma dell'attività intellettuale, che tende a dedurre, con sicurezza inversa alla completezza e al sentimento, i fatti futuri dall'ordinamento logico dei falli anteriori.
   Due sono dunque le caratteristiche della previsione: i suoi rapporti di tempo coi fenomeni, diversi da quelli di ogni altro fatto conoscitivo, e il suo carattere eminentemente deduttivo. Essa contraddice così apparentemente la comune concezione positivista della scienza, ma vi rientra invece come avviamento a maggiori speranze.
   Quanto al tempo la questione quantitativa é evidentemente superflua:


 
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necessario e sufficiente è it fatto della precedenza, e se anche il fenomeno succederà immediatamente alla previsione, questa non sarà meno previsione.
   Quanto al suo carattere deduttivo esso è una prova di più della sua superiorità progressiva a del suo avvenire. Per questo io non potrei far di meglio che ascoltare uno dei più solidi e profondi filosofi che abbia prodotto l'Inghilterra nel secolo XIX: John Stuart Mill. Ecco quanto scriveva egli in quella sua Logica deduttiva e induttiva, che resta uno dei prodotti intellettuali più poderosi che abbia dato il pensiero occidentale nel secolo passato:
   «In questo momento si fa progressivamente e pacificamente, nella filosofia, una rivoluzione inversa a quella a cui Bacone ha raccomandato il suo nome. Questo grande uomo sostituì al metodo deduttivo il metodo sperimentale. Ora il metodo sperimentale ritorna rapidamente al metodo deduttivo. Ma le deduzioni che abbatteva Bacone, eran tratte da promesse frettolosamente raccolte o ammesse arbitrariamente. I principi non ne erano stabiliti con le regole legittime della ricerca sperimentale, nè i loro resultati erano appoggiati coll'elemento indispensabile d'una deduzione razionale, la verificazione con l'esperienza specifica. Fra il vecchio metodo di deduzione e quello ch'io ho cercato di esporre, c'è tutta la differenza che esiste fra la fisica aristotelica e la teoria newtoniana del cielo.» (27).
   Per quanto la previsione tocchi per le sue radici a origini primitive, essa è però una delle forme più evolute della conoscenza e tende a prender un pasto sempre più grande nell'ideazione contemporanea, insieme all'altra leva possente e feconda del pensiero, ch'è l'ipotesi.
   Ma come di questa, non bisogna esagerarne il valore e la portata, e nella mia definizione ho accennato alle due limitazioni della previsione la sua approssimatività e la sua dipendenza, minima o grande, dal fattore sentimentale.
   Non sarà male esaminare questi due lati del problema, che ci condurranno alla sua valutazione finale e ci faranno vedere come essa tocchi da vicino ad elevate questioni gnoseologiche e cosmologiche.
   Non sempre, com'è chiaro dalla quotidiana esperienza, la previsione raggiunge la certezza e la precisione completa. La sua sicurezza è in funzione di quattro fattori: la categoria del fenomeni a cui la si applica, la maggiore o minore costanza dei rapporti fissi da cui la


 
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si deduce, la lontananza maggiore o minore del fatto previsto al momento della previsione, e la presenza più o meno intensa del sentimento in chi prevede.
   Quanto al primo occorre richiamare alla mente una classificazione delle scienze esposta di recente da un dottor rumeno, A. D. Xénopol (28), e che consiste nel separare nettamente fra loro le scienze che si occupano dei fatti di ripetizione, come sarebbero la fisica, la chimica, ecc., e quelle che si occupano dei fatti di successione, cioè tutte le scienze storiche, compreso però anche lo studio dello sviluppo dell'universo, della terra, degli organismi, ecc., (geologia, dottrina dell'evoluzione, biologia dinamica, ecc.). Le differenze maggiori sono la maggiore o minore complessità e variabilità delle cause, la loro dipendenza o indipendenza rispetto al tempo, la diversità essenziale delle leggi che se ne posson trarre e, cosa che presentemente più ci interessa, la loro differente suscettibilità di previsione. «Une autre différence qui distingue les faits de répétition des faits de succession, scrive lo Xénopol, c'est que les premiers peuvent, être prévus et prédits, pendant, que les derniers ne sauraient l'être. Aussitôt que l'on possède la loi de production ou plutôt de reproduction d'un phénomène, sa réapparition peut toujours être annoncée d'avance. Ainsi toutes les vérités mathématiques, astronomiques, physiques, chimiques, biologiques et sociologiques dont la formule en loi a été trouvée, peuvent être prévues et prédites. Les faits de succession, ne pouvant être enserrès dans la formule rigide de lois, la prévoyance et la prédiction de leur apparition est impossible. Les faits étant toujours nouveaux et les transformations auxquelles ils seront soumis dans l'avenir étant inconnues et inconnaissables à notre esprit, on ne saurait jamais prédire ce qui arrivera avec eux. Tout ce que l'on peut faire, c'est d'essayer de connaître la direction dans laquelle les transformations s'opèrent, pour se rendre compte au moins de cette direction et non des faits en eux-mêmes inconnus qui tomberont sous l'influence de ces transformations; et encore cette prospettive peut être troublée par des accidents imprévus qui changent la direction même de la ligne commencée. Ainsi, qui aurait pu prévoir que la série des victoires de Napoléon serait brisée par l'hiver de 1812?» (29).


 
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   Come si vede, la condanna non è del tutto completa e le leggi ch'io proporrei di chiamare leggi di contorno (umrissgesetz), possono offrirci un comodo sostituto alle vere previsioni, segnandoci, se non la strada sicura e il limite fisso, la direzione generale e i confini abituali.
   E d'altra parte l'identità, anche nei fatti di ripetizione, è più che altro illusoria. Bisogna contentarsi dell'analogia e della maggiore o minore somiglianza, e quella che si chiama identità, è in fondo la massima somiglianza.
   La varia costanza dei rapporti considerati si riflette per forza sulle previsioni che se ne traggono, e quando si tratti dí leggi ancora in via d' elaborazione, che non sono ancora uscite completamente dallo stadio d'ipotesi, la previsione è forzatamente men sicura.
   Quanto alla distanza non c'è dubbio ch'essa influisca sulla approssimazione maggiore o minore delle previsioni, e c'influisce, com'è chiaro, in proporzione inversa. Quando ci si riferisce a un fatto più lontano, in modo che la probabilità del sopravvenire di altri fattori imprevedibili è maggiore, la previsione è meno sicura, mentre acquista maggior valore quando l'intervallo è piccolo o minimo (30).
   Ma da non trascurarsi, in un argomento di psicologia, è il fattore sentimentale, la cui importanza ed estensione troppo spesso si dimentica, specie in quelle ricerche di ordine più astratto, ove si suppone che sia mancante o trascurabile. Ma la funzione del sentimento, appunto perché intima, vasta e profonda, sfugge di solito agli osservatori ordinari, come sfuggì per secoli l'importanza dell'intera psiche (31).


 
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   Anche nella previsione il sentimento non manca, specialmente quando si tratti di ordini di fatti che più da vicino tocchino interessi personali o generali, o che non appartengano alle serie di ripetizione in cui la certezza è quasi completa. Dove entra l'interesse o dove c'è posto per l'opinione e la fede, il sentimento predomina e colorisce a suo modo i processi intellettuali, anche i più astratti, fra i quali la previsione. Si prevede volentieri ciò che si desidera e ci piace, e perciò le previsioni, specie sociali, sono improntate a una mirabile e ottimista corrispondenza con le idealità e le aspirazioni di chi prevede. Quando succede il contrario è perché entra in iscena una tendenza pessimista, la quale vuol trovare la sua sentimentale soddisfazione nella riprova futura delle sue conclusioni critiche, e colora di sè tutte le possibili previsioni, escludendo ciò che potrebbe indurre a credere a resultati più vicini alle sue proprie speranze. Anche la sfiducia pessimistica è un sentimento, e come tale influisce, e di qui le malinconiche o terrificanti previsioni che taluni fanno, specialmente riguardo a fenomeni sociali o storici di qualche importanza. Il sentimento, da padrone imperioso se pure inavvertito, elimina talvolta tacitamente certi fattori che potrebbero contraddire alle sue tendenze attuali, in modo che l'esame fatto sui residui non lo contraddica. Così la ragione che era stimata finora la dominatrice della psiche, non è le più volte che una serva del sentimento, il quale se ne giova per giustificare sè stesso e le sue opere. Il troppo che ci sarebbe da dire intorno a questa sotterranea dominazione poco avvertita, mi risolve a non dirne altro, per non apparire troppo frammentario e incompleto.
   Ma tutte queste analisi che noi abbiamo fatte successivamente sul meccanismo psichico, i documenti biologici e storici, il significato e i fattori modificatori della previsione, ci fanno intravedere quale sia la sua valutazione approssimativa.
   Fine visibile o invisibile dell'attività costruttrice della mente, necessità della vita, aspirazione e tendenza continua della scienza, essa è uno strumento meraviglioso, di cui l'uomo imparerà sempre più a giovarsi, e che gli porgerà insperati soccorsi nella sua opera millenaria di possessione delle cose. Perchè la previsione è cosa essenzialmente umana, e se all'uomo non è esclusivamente propria, nelle sue forme inferiori, pure con lui è assorta a maggiore estensione, valore e complessità. Ma d'altra parte non bisogna confondere la previsione propriamente detta, che scaturisce legittimamente da tutti i processi conoscitivi, e che io ho cercato di delineare, con quelle sue


 
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forme arretrate o ibride, ove il sentimento, la suggestione o la frode entrano come elementi conturbatori (32). E usando la stessa previsione scientifica, bisogna ben por mente al suo valore individuale, vario, come abbiamo visto, a seconda della materia, delle leggi, del tempo e del sentimento, ed evitare, per soverchia fiducia o per esame inadeguato, quelle smentite della realtà a cui potrebbe condurre: come tutti gli alleati, essa potrebbe tradire.

         Firenze, febbraio 1902.

  (1) Torino, Bocca, 1899.
  (2) Scrivendo per la Società Italiana d'Antropologia voglio rilevare l'oblio di due leggi psicologiche, sorte nella nostra Società, e che il Villa o non ha conosciute o ha coinvolte nel quasi universale disprezzo che egli dimostra per la psicologia italiana.
   La prima è quella che il nostro operoso e geniale Presidente, P. Mantegazza, enunciava fin dal 1877 (Arch. per l'Antrop., VI, 1877, pp. 285-306 e Revue Philosoph., V, 1878, pp. 241-262) e che applica il principio della conservazione dell'energia alla forza psichica, studiandone le successive trasformazioni e riponendola così nella grande circolazione dinamica dell'Universo.
   L'altra è quella che Ettore Regàlia, l'ottimo Segretario della nostra Società, accennava già nel 1883, dimostrandola e sostenendola in vari suoi scritti posteriori, e che si riferisce al rapporto fra dolore e azione (V. soprattutto il suo lavoro Non origine ma una legge negletta dei fenomeni psichici, in Rivista di Filos. Scientif., VI, 1887, pp. 321-337).
  (3) Data la complessità e vastità dell'argomento, questa mia nota non può essere che uno schema sommario di un libro possibile, tanto più che la letteratura della previsione è, per quanto so, scarsa e non ne trattano quasi affatto neppure le più note opere generali di psicologia e di logica. Il 24 gennaio di quest'anno G. H. WELLS espose alla Royal Society di Londra le sue idee sui pronostici del futuro (v. P. GIAGOSA in Corriere della Sera, 15-16 maggio 1902) e quasi nello stesso tempo A. NAGY ne fece il soggetto di una sua prolusione all'Università di Roma (pubbl. in Riv. Dalmatica, anno II, fasc. 6° febbraio-marzo 1902, pp. 291-302), dove parla più della funzione della logica che della previsione e di questa senza alcuna novità e da un punto di vista strettamente logico.
  (4) A proposito dell'incosciente scrive l'HÖFFDING «Le monde de l'esprit est pour nous comme un fragment, en comparaison du monde physique; il n'est possible de lo compléter que par voie d'hypothèse....» (Esquisse d'une psychologie fondée suo l'expérience, Paris, Alcan, 1900, pag. 109). Com'è naturale, gli esempi classici di costruzione si hanno nelle teorie più generali.
  (5) Di questa distinzione si posson trovare traccio perfino nella Scolastica, ma deriva in modo chiaro da Hume e Kant. Ai nostri giorni l'hanno svolta, fra altri, Milhaud e De Sarlo.
  (6) Più precisa è forse quella del DE GREEF: «logge è il rapporto necessario che esiste tra ogni fenomeno e le condizioni nelle quali questo fenomeno apparisse» (Les lois sociologiques, Paris, Alcan, 1893, pag. 35). Soltanto è da aggiungere che a noi appare necessario ciò ch'è abituale, e non bisogna dimenticare che le condizioni non sono altro che fatti, o antecedenti o concomitanti.
  (7) V. H. BEAUNIS, Nouveaux Éléments de Physioloyie humaine, Paris, J. B. Baillière, 1876, pag. 304; CARPENTER, Mental Physiology, London, 1879.
  (8) SPENCER, Principles of Psychology, cap. XVII, 485 (Collina, pag. 322), Principles of Sociology. cap. VI, 34 (Collins, pag. 345).
  (9) L'inferiorità della donna è questione assai complessa e ancora non ben definita. Dall'esame del cranio resultano evidentemente dei caratteri primitivi e infantili (v. gli studi di Panichi, Morselli, Ardu Onnis, Gurrieri, Masetti e specialmente P. MANTEGAZZA, Dei caratteri sessuali del cranio umano, in Arch. per l' Antrop., II (1872), pp. 11 e segg.; P. BARTELS, Ueber Geschlechtsunterschiede am schàdel, Berli, 1897). I caratteri infantili son rilevati anche da HAVELOCK ELLIS (Man and Woman; a studi of hunaan secondary sexual characters, London, 1894, pp. 74, 75, 82 ecc.), il quale ha studiati anche quelli psichici, che l'avvicinano sempre al fanciullo. P. es. egli scrive che «Abstract thought in women seeme usually to be marked by a certain docility and receptiveness», (pag. 185). V. anche J. LOURBET, Le problème des sexes. Paris, Giard, 1900.
  (10) Principii di Psicologia. Milano, 1901, p. 6.
  (11) Si obietterà che la matematica, scienza eminentemente sicura, non contiene vere o proprio previsioni. Ma si noti che la matematica, come la logica, non ò vera o propria scienza della realtà, ma piuttosto modo di notazione generale delle conoscenze.
  (12) Ricordiamoci che lo Schopenhauer negava alla storia il carattere di scienza, appunto perchè essa non può prevedere con sicurezza gli avvenimenti umani. (v. P. VILLARI, La storia è una scienza?, in Scritti vari, Bologna, Zanichelli, 1894). L'ultimo capitolo di quasi tutti i lavori, specie storici, è quello che si riferisce all'avvenire. Di tutto si voglion conoscere le vicende future: della scienza (Renan, Cabella), della filosofia (Berr), della religione (Guyau, Hartmann, Wernicke), della potenza umana (Morselli), della morale (Tarde), del romanzo (Brunetière), della medicina (Galvagni), della marina (Volpe), della libertà religiosa (Ruffini), ecc. ecc. Si badi ch'io cito soltanto le opere di cui mi ricordo: cercarne significherebbe compilare un volume di bibliografia.
  (13) Human Nature or the fundamental elements of policy, London, 1650, VIII, 3.
  (14) Se bene si osserva, la tendenza che le scienze hanno verso la ricerca dell'identità, mostra il loro orientamento verso la previsione, perchè questa è solo completamente possibile quando sia certa l'equivalenza del sostrato sotto il variare dei fenomeni.
  (15) DINA, La previsione del tempo. Torino, Bocca, 1901. - G. DALLET, La prévision du temps, Paris, J. B. Baillière, 1887.
  (16) VILLA, op. cit., pag. 550. Uno degli ultimi esempi lo abbiamo nel libro Anticipations del WELLS. - Senza parlare delle utopie propriamente dette, di cui accenneremo dopo, si può citare fra i tanti: D. F. STRAUSS, Der alte und der neue Glaube (p. 2a). - CH. RICHET, Entre cent ans, Paris, 1892. - SPENSE, L'Inghilterra all'aurora del XX secolo. - SPENCER Principles of Sociology. - G. TARDE, Fragment d'histoire future (in Rev. Inter. de Sociol., 1895). - M. PANTALEONI, Il sec. XX secondo un individualista (in Flegrea, 20 aprile 1900).
  (17) L' antroposociologia venne, in Italia, giudicata favorevolmente da Enrico Morselli (v. prefazione a MONDAINI, La questione dei Negri, Torino, Bocca, 1898 e Rivista di Filosofia, vol. III, n. 4, pp. 283-288). Contrari sono il COLAJANNI (Sociologia Criminale cap. V. - Socialismo cap. VIII), il SERGI (Rivista Popolare, n. 19, 1898), il BIANCHI (La razza e le scienze sociali. Napoli, Tessitore, 1901). In Francia l'hanno combattuta il WINIARSKY e il MANOUVRIER. Secondo il LAPOUGE uscirono, nel solo anno 1896, 30 opere di antropo-sociologia. Previsioni sull'uomo futuro si trovano anche nell'inchiesta fatta dal New-York Herald nel 1891 (v. Ideale of Life. Human perfection. How to attain it. A. Symposium on the coming man. Edited by Wallace Wood. New-York, 1892). Una critica severa di previsioni sull'uomo dell'avvenire ha fatta recentemente il dott. VERNEAU. Abbiamo poi le previsioni sulle razze di NOVICOW (Avenir de la Race blanche), ZABOROWSKI (L'avenir des races humaines), ALBANESE (Le razze umane e il loro avvenire), MEUNIER (L'avenir des espèces) ecc.
  (18) Ueber soziale Differenzierung. Leipzig, 1890.
  (19) VILLA, op. cit., pp. 626-627. In un passo anteriore scrive: «Nell' evoluzione della coscienza abbiamo un accrescimento continuo dell'energia psichica, e ci è quindi impossibile determinare in precedenza ciò che potrà divenire in capo a un certo tempo un complesso di idee o di sentimenti; perchè ogni nuova sintesi modifica anche i rapporti tra il resultato o gli elementi che lo produssero, e quindi genera nuovi fini e indirizzi sempre nuovi dell'attività umana» (ibid., pag. 525). Non sarà inutile ricordare che il DUBOIS REYMOND) nella sua dissertazione Sui limiti della nostra conoscenza della natura (1872) conclude che i fenomeni psichici sono al difuori della legge di causalità. - V. anche BORELLI, Quale sarìà il termine della evoluzione psicologica dell'uomo? Induzioni anatomo-fisiologiche.
  (20) BATTAGLIA Dott. B. Un'ipotesi sui presentimenti (Arch. per l'Antrop., X, 1880, pp. 469-471).
  (21) J. VENN, The Logic of Chance. London, Macmillan, 1876. - COURNOT, Exposition de la théorie des Chances et des probabilités. - SOREL, Le calcul des probabilités et l'expérience (Rev. Philos., XXIII, 1887, pag. 50), soprattutto QUETELET, Théories de la probabilité, 1853.
  (22) V. su tutto il movimento occultista contemporaneo il suo curioso libro: Le monde invisible. Paris, E. Flammarion, 1902.
  (23) Vedi ad esempio: PAPUS, Traité méthodique de la science occulte, Paris, 1891. - BURLEN, Le livre de la destinée. Paris, 1894.
  (24) Io ho contato fino a 43 modi di divinazione. Per gli antichi vedi, oltre gli studi di HOMMEL sui caldei: F. LENORMANT, La divination et la science du présage chez les chaldéens, 1875. - BOUCHE LECLERCQ, Histoire de la divination dans l'antiquité, Paris, E. LEROUX. Sulla divinazione vi sono due curiosi libri di A. BASEVI ( Sul principio universale della divinazione, Firenze, 1871; La divinazione e la scienza, Firenze, 1870).
  (25) LECANU, Dictionnaire des prophéties, Paris, 1852-54. Sui profeti ebraici: D. CASTELLI, La profezia nella Bibbia, Firenze, Sansoni, 1882; C. H. CORNILL, The Prophets of Israel, Chicago, The Open Court Publishing Co. ecc.
  (26) Le utopie si posson dividere in tre classi: quelle che immaginano un paese lontano e misterioso, senza indicazione precisa di tempo, oppure contemporaneo (es. Mono, Utopia. - CAMPANELLA, Città del sole. - BACONE, Nuova Atlantide. - HARRIGTON, Oceana.- VARAYSSE D'ALAIS, La République des severambes, ecc. ecc.); quelle che sono al di fuori di ogni indicazione di tempo o di luogo (es. PLATONE, Repubblica. - D. HUME, La perfetta Repubblica. - FONTENELLE, La République des philosophes. MORELLY, Code de la nature, ecc. ecc.); e finalmente quelle che si riferiscono al futuro, e sono le più recenti (es. MERCIER, En l'an 2440. - BELLAMY Looking Backward. - SECRETAN, Mon Utopie. - A. LE DRIMEUR, La cité future. - W. MORRIS, La Terra Promessa. - T. HERTZKA, Freiland. - CHAMBON, Cibele. - MANTEGAZZA, Nell'anno 3000. - COMBES DE LESTRADE, Seul de son siécle, en l'an 2400. - WELLS, Una storia del futuro. - RICRTER, Sozial demokratische zukunftbilder. - FLAMMARION, La fin du monde, ecc. ecc.): ma in fondo a tutte c'è la preoccupazione o la speranza dell'avvenire.
  (27) STUART MILL, Logique. Paris, Germer Baillière, 1866, vol. 1, pag. 543 e seguenti.
  (28) La classification des sciences et l'histoire (in Revue de synthèse historique, Juin, 1901, pp. 264-276). - Vedi anche il suo libro: Les principes fondamentaux de l'histoire. - Paris, 1900.
  (29) Art. cit., p. 272
  (30) Una difficoltà della previsione a cui accenna il Giacosa dietro il Wells, è quella relativa all'estensione, che si risolve poi in quella del tempo. Egli osserva «che il futuro che ci interessa è anzitutto quello personale, poi quello dei nostri, poi quello dell'umanità, infine quello della terra nostra. Ora la certezza delle anticipazioni è nulla nel primo caso, va crescendo poco a poco negli altri. Io non so se sarò vivo fra cinque minuti, ma ho maggior fondamento a pensare che lo saranno i miei figli; posso essere certo che la razza umana esisterà fra cento anni, non dubito punto che fra mille anni il sole compia regolarmente il suo giro». (art. cit.).
  (31) «Quelque indépendante qu'elle puisse être des nécessités pratiques et des exigences du moment, la pensée est néammoins toujours liée à une certaine disposition affettive. Il s'y trouve des éléments sensibles qu'on ne néglige si facilement que parce qu'ils ne s'avancent pas au premier plan, mais se subordonent au jeu des pensées et sont détérminées par lui. Une pensée entiòrement pure de tout melange affectif (comme les philosophes spéculatifs en ont souvent réclamé) n'existe pas». (HÖFFDING pag. 121). HORWICZ giunge fino a far derivare la conoscenza del sentimento.
  (32) Una ricerca importante da farsi sarebbe quella della genesi della tendenza alla previsione. Ma, com'è chiaro, la concezione di una possibilità di fatti successivi nel futuro è data dalla memoria dell'esperienza di successione di stati psichici più o meno simili. Ma il problema della memoria è ancora un enigma della psicologia, e finchè non sarà risolto non si potrà determinare chiaramente quello della previsione. Anche qui la spiegazione del futuro è nel passato.


(Data l'importanza dello scritto, è stato estratto e dato alla stampa nello stesso anno, un libretto di 27 pagine.)


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